Cosa
vuol significare il
Libro dei Proverbi
Indice:
1. Scopo del libro dei Proverbi
1. Scopo del libro dei Proverbi
2.
La saggezza
3.
Le parole
4.
Le influenze
5.
Il matrimonio
6.
La correzione dei figli
7.
La riprensione
8.
La retribuzione
9.
La fiducia
1. Scopo del libro dei Proverbi
Vorremmo
incoraggiare i credenti a leggere, studiare e meditare il Libro dei
Proverbi. I principi presentati in questo libro portano poco il
carattere dell'economia che ha preceduto il Cristianesimo. Se, in
qualche caso, è necessario tener conto dei caratteri che distinguono
l'economia giudea da quella cristiana, si può dire che la maggior
parte dei princípi hanno un'applicazione letterale in ogni tempo.
L'espressione
«figlio mio», così spesso ripetuta, ci fa capire a chi Dio si
rivolge soprattutto: a colui che è in relazione con Lui e che
possiede la sua vita, cioè al credente. Ma il credente vive in un
mondo pieno di pericoli e di tranelli, un mondo i cui pensieri sono
contrari a quelli di Dio. A queste difficoltà esteriori si
aggiungono tutti i pericoli che hanno la loro sorgente nel suo
proprio cuore. È dunque necessario che il credente sia messo in
guardia verso tutto ciò che rischia di farlo cadere e che sia
istruito sul cammino che deve avere chi occupa la posizione di
figlio. Questo è lo scopo principale del libro; scopo essenzialmente
pratico. Ma vi sono avvertimenti e istruzioni salutari non solo per i
credenti ma per tutti gli uomini (vedere 8:4).
Dio
ha cura di rivelarci il suo pensiero su argomenti che riguardano la
vita di ogni giorno. Queste cose sono scritte «per farti conoscere
cose certe, parole vere» (22:21). Nel mondo di oggi, in cui tutto è
rimesso in discussione, abbiamo più che mai bisogno di norme di vita
sicure, di origine divina. Il Libro dei Proverbi è particolarmente
utile per fornircele, e per rimettere in sesto ciò che in noi è
così facilmente deformato dall'influenza del mondo.
Vorrei
ora soffermarmi, senza pretesa di completezza, su alcuni soggetti che
sono sviluppati in questo libro. Al lettore sarà utile cercare tutti
i passi citati, trovarne altri che completino i pensieri espressi e
raccogliere egli stesso l'insegnamento del libro su altri argomenti.
2. La saggezza
La
saggezza non è data all'uomo alla sua nascita. Al contrario, «la
follia è legata al cuore del bambino» (22:15). La saggezza, quindi,
è tutta da acquistare. «Il principio della saggezza è: Acquista la
saggezza» (4:7). È Dio che la dà (2:6), ma non la dà se non a
quelli che la cercano con impegno: «Se la cerchi come l'argento, e
ti dai a scavarla come un tesoro... Acquista la saggezza; sì, a
costo di quanto possiedi... » (2:4-5, 4:7). La saggezza non è data
una volta per sempre, ma in modo progressivo: «Il saggio ascolterà
e accrescerà il suo sapere» (1:5). E anche chi è già considerato
saggio ha ancora bisogno di essere ripreso (9:8).
Dà
prova di saggezza chi ascolta l'insegnamento dei genitori (13:1), chi
si lascia consigliare (13:10), colui che vedendo il male teme di
cadere, lo evita e si nasconde (14:16, 22:3), chi è lento all'ira
(19:11), chi dirige il suo cuore per la retta via invece di lasciarsi
dirigere dal suo cuore (23:19), chi è padrone delle sue labbra
(10:19). Si potrebbe continuare. Il saggio non si stima saggio da se
stesso; c'è più da sperare da uno stolto che da chi si crede saggio
(26:12). Poiché è Dio che li istruisce, i saggi sono in grado di
comunicare ad altri la preziosa conoscenza ricevuta; la loro lingua è
ricca di scienza (15:2). I saggi sanno anche tenere in serbo la
saggezza (10:14) e spargerla al momento opportuno (15:7).
«Il
principio della saggezza è il timore dell'Eterno» (9:10). Il più
saggio uomo del mondo non può avere, quindi, nemmeno i primi
rudimenti della vera saggezza, poiché il primo atto è temere
l'Eterno, prendere il proprio posto davanti a Dio. Tutti quelli che
rifiutano di prendere questo posto sono degli stolti (1:7).
In
alcuni importanti brani del Libro dei Proverbi è la saggezza stessa
che parla (1:20-33 e 8:1-32). In questi essa si identifica con Colui
che è la Parola stessa di Dio, espressione perfetta di ciò che Dio
è e di ciò che pensa. È una meravigliosa rivelazione dei Figlio,
delizie eterne del Padre (8:30). È Lui che il Nuovo Testamento
chiama «potenza di Dio e sapienza di Dio» (1 Corinzi 1:24) e che da
Dio «è stato fatto per noi sapienza» (v. 30).
3. Le parole
«La
bocca dello stolto è la sua rovina» (18:7); egli prende piacere a
manifestare ciò che ha nel cuore (18:2). Senza alcun ritegno, la sua
bocca sgorga follia (15:2) e si compiace nelle cose basse (26:11). Se
gli capita di dire una parola saggia, questa è senza forza e senza
effetto alcuno (26:7 e 9).
Per
contro, la bocca del giusto è una fonte di vita (10:11), la sua
lingua è argento eletto (10:20), le sue labbra conoscono ciò che è
grato (10:32) e pascono molti (10:21). «Le parole gentili sono un
favo di miele; dolcezza all'anima, salute alle ossa» (16:24). «Le
parole dette a tempo sono come frutti d'oro in vasi d'argento
cesellato» (25:11).
Poiché
la bocca può far uscire parole di valore diverso, in bene o in male,
bisogna custodirla (13:3). «Chi sorveglia la sua bocca e la sua
lingua preserva sé stesso dall'angoscia» (21:23). Bisogna evitare
la precipitazione (29:20), meditare la risposta (15:28), moderare le
proprie parole (17:27) e non pronunciarne troppe (10:19). Così esse
sono fonte di gioia per chi le pronuncia e per chi le ascolta. «Le
parole della bocca di un uomo sono acque profonde; la fonte di
saggezza è un ruscello che scorre perenne» (18:4).
4. Le influenze
I
contatti che abbiamo con l'uno e con l'altro, specie se sono
frequenti, esercitano su noi un'influenza e lasciano un'impronta, sia
nel bene che nel male. È dunque importante scegliere bene le persone
che frequentiamo. «Chi va con i saggi diventa saggio, ma il compagno
degli insensati diventa cattivo» (13:20). È un prezioso
incoraggiamento a ricercare la compagnia di quelli che hanno
acquisito saggezza alla scuola di Dio; molto utili e preziosi sono i
contatti con credenti anche di età differenti.
«Non
fare amicizia con l'uomo collerico, non andare con l'uomo violento,
perché tu non impari le sue vie ed esponga te stesso a un'insidia»
(22:24-25). Che si tratti degli empi e dei malvagi (4:14-15), dello
stolto (14:7) o dell'uomo violento (16:29) o anche di chi apre troppo
le labbra (20:19), è sempre grande il pericolo di lasciarsi
trascinare; per questo siamo esortati a fuggire, a non immischiarci,
ad andarcene lontano. Se temiamo il Signore e non confidiamo nel
nostro proprio cuore (28:26) eviteremo il più possibile ogni
rapporto d'amicizia con quelli che non hanno la vita di Dio o che
disprezzano l'insegnamento divino. Che ci sia una testimonianza da
rendere e un servizio da compiere verso quelli che Satana sta
trascinando alla perdizione, è certo (24:11-12), ma ciò non
significa che dobbiamo camminare con loro.
5. Il matrimonio
Le
istruzioni concernenti il matrimonio sono presentate dal punto di
vista dell'uomo, non della donna, sia perché è l'uomo il
rappresentante dinanzi a Dio della razza umana, sia perché è lui
responsabile della scelta della sua compagna (alcuni traducono
Proverbi 30:19: «la traccia dell'uomo verso la giovane»).
A
più riprese il giovane è messo in guardia verso le seduzioni della
donna straniera. Come, colui che è chiamato figlio, potrebbe unirsi
ad una donna che non appartiene al popolo di Dio? Quand'anche il suo
aspetto esteriore fosse attraente, «la fine a cui conduce è amara
come il veleno, è affilata come una spada a doppio taglio» (5:4),
una fossa profonda, un pozzo stretto (23:27). «Non desiderare in
cuor tuo la sua bellezza» (6:25) poiché «una donna bella, ma senza
giudizio, è un anello d'oro nel grifo di un porco» (11:22) e «la
grazia è ingannevole e la bellezza è cosa vana» (31:30).
Ma
se la donna che fa vergogna è un tarlo nelle ossa di suo marito
(12:4), una donna virtuosa è la sua corona. «La donna che teme
l'Eterno è quella che sarà lodata» (31:30); il suo pregio
«sorpassa di molto quello delle perle» (31:10). «Chi la troverà?»
Domanda solenne! Che i nostri ragazzi si affidino a Dio perché sia
Lui a farla trovar loro. «Una moglie giudiziosa è un dono
dell'Eterno» (19:14); Dio non rifiuterà questo favore (18:22) a chi
confida in Lui e gli è fedele.
Nell'attesa
di aver messo in ordine gli affari di fuori e in buon stato i suoi
campi (24:27), e nell'attesa del momento scelto da Dio, sappia il
giovane custodire il suo cuore più d'ogni altra cosa «poiché da
esso provengono le sorgenti della vita» (4:23).
6. La correzione dei figli
La
disciplina di un padre verso il suo figlio, figura di quella di Dio
verso i suoi, è la prova di un vero amore (3:12). Questa disciplina
non si limita a una riprensione a parole: c'è anche la verga: «La
verga e la riprensione danno saggezza» (29:15). «Chi risparmia la
verga odia suo figlio, ma chi lo ama, lo corregge per tempo»
(13:24). È un lavoro paziente, da compiere con diligenza nel timore
e nella fiducia in Dio, che porterà il suo frutto (22:15, 23:13-14,
29:17). «Insegna al ragazzo la condotta che deve tenere; anche
quando sarà vecchio non se ne allontanerà» (22:6).
7. La riprensione
I
figli non sono i soli ad aver bisogno di riprensione. Essa è
necessaria ad ogni uomo, anche al saggio (9:8) e all'intelligente
(17:10, 19:25). Correzione e riprensione sono spesso legate, e sono
una il completamento dell'altra (3:11, 5:12, 10:17, 12:1, 13:18,
15:5, 15:32). Beato chi ascolta la riprensione (15:31-32), chi dà
retta (13:18 e 15:5) ! Diventerà saggio, acquisterà buon senso,
sarà onorato, «abiterà tra i saggi» (15:31).
Per
contro, «chi odia la riprensione è uno stupido» (12:1). «L'uomo
che, dopo essere stato spesso ripreso, irrigidisce il collo, sarà
abbattuto all'improvviso e senza rimedio» (29:1). Il modo con cui un
uomo accoglie la riprensione è un test del suo stato naturale; «il
beffardo non ama che altri lo riprenda» (15:12), mentre il saggio lo
ama (9:8).
Ma
se vi sono esortazioni ad accettare la riprensione, vi sono anche
incoraggiamenti a farla (24:24-25). «L'uomo che corregge sarà, alla
fine, più accetto di chi lusinga con la sua lingua» (28:23).
Bisogna, ovviamente, che siano parole dette a proposito e con
saggezza (25:12). Il suo valore è grande se testimonia di un vero
amore. «Chi ama ferisce, ma rimane fedele» (27:6). È in questo
modo che l'amore può coprire moltitudine di peccati (10:12; Giacomo
5:19-20). L'amore cerca sempre di ricondurre quelli che si sviano.
8. La retribuzione
Il
principio della retribuzione, o del governo di Dio, costituisce la
trama del Libro dei Proverbi: «Ecco, il giusto riceve la sua
retribuzione sulla terra, quanto più l'empio e il peccatore!»
(11:31). Ci può essere differenza nel modo con cui questo governo di
Dio viene esercitato, perché c'è differenza tra la condizione dei
Giudei e quella dei Cristiani. Ma la grazia che è venuta per mezzo
di Gesù Cristo e che è il solo fondamento della nostra salvezza non
annulla il principio divino della retribuzione. Per questo nel Nuovo
Testamento leggiamo: «Quello che l'uomo avrà seminato, quello pure
mieterà» (Galati 6:7).
I
Proverbi ci insegnano che la benedizione di Dio è su quelli che
camminano secondo i suoi insegnamenti, mentre il suo giudizio è
sospeso su quelli che fanno il male, ed è eseguito quando la
pazienza divina giunge al termine (3:33, 11:8, 13:21, 16:7, 21:12).
Come
chi semina grano o zizzania raccoglierà grano o zizzania, così la
retribuzione sarà dello stesso tipo del male commesso. «Chi chiude
l'orecchio al grido del povero, griderà anch'egli, e non gli sarà
risposto» (21:13); «chi scava una fossa vi cadrà, e la pietra
torna addosso a chi la rotola» (26:27). Chi rifiuta di ascoltare
quando Dio chiama, griderà un giorno e Dio non gli darà risposta
(1:24-28). Dio «schernisce gli schernitori» ma anche «fa grazia
agli umili» (3:24). Dio eleva chi si abbassa (15:33, 29:23), e
riempie di abbondanza i granai di chi lo onora coi suoi beni
(3:9-10). «Chi ha pietà del povero presta all'Eterno, che gli
contraccambierà l'opera buona» (19:17). E, materialmente come
spiritualmente, «chi annaffia sarà egli pure annaffiato» (11:25).
9. La fiducia
«Chi
confida nel proprio cuore è uno stolto» (28:26). Chi confida nelle
ricchezze cadrà (11:28) benché, nella sua immaginazione, le
consideri come una «roccaforte» (18:11). Ma colui che confida
nell'Eterno è beato (16:20) e sarà saziato (28:25). È lui che, nel
giorno cattivo, troverà un alto rifugio (18:10, 29:25).
«Confida
nell'Eterno con tutto il cuore e non ti appoggiare sul tuo
discernimento. Riconoscilo in tutte le tue vie ed egli appianerà i
tuoi sentieri» (3:5-6).
Pace
a voi G.B.
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