sabato 1 giugno 2013

Auguri, no grazie!

AUGURI, AUGURI...




L'àugure (dal latino augur, all'accusativo augurem) era un sacerdote dell'antica Roma che aveva il compito di interpretare la volontà degli dèi.
Questa figura era tuttavia già nota alla cultura etrusca, come dimostra la Tomba degli auguri a Tarquinia, e a quella greca. Nel periodo arcaico c'erano due tipi di auguri: gli auguria privata, sulla cui base si prendevano alcune decisioni all'interno della famiglia, e gli auguria publica[1] per l'ambito pubblico. Di quest'ultimo tipo esistevano più auguri, che costituivano un collegium (tre auguri, che divennero 15 da Silla in poi), in genere consultato dal magistrato prima di ogni importante atto pubblico. Dalla nascita della Repubblica (509 a.C.) e fino alla fine del IV secolo a.C. solo i patrizi poterono far parte di questo collegio, mentre dal 300 a.C. vi ebbero accesso anche i plebei.
Il compito degli auguri era quello di trarre auspicia dall'osservazione del volo, del comportamento e del verso degli uccelli per capire se gli dèi approvavano o no l'agire umano sia nell'ambito pubblico che in quello privato, sia in pace che in guerra. L'augure non doveva predire quale fosse la cosa migliore da fare, ma solo se un qualcosa su cui si era già deciso incontrasse o meno l'approvazione divina.
L'arte degli auguri era chiamata augùrio o auspìcio.
Questo é per quanto riguarda il mondo in cui viviamo, siccome noi siamo stati lavati nel Sangue dell'Agnello, augurare qualcosa al nostro prossimo, é idolatria, tutto ció che un Cristiano deve fare, deve metterlo ai piedi del Signore nella preghiera, e far si che Lui nella Sua volontá ci dona tutto cio che il nostro cuore desidera, se noi mettiamo Gesú davanti la nostra vita e Lui é ha primo posto nella nostra vita, Lui ci fará liberi.
Il giorno del domani non appartiene a noi, esso é il domani, la Scrittura ci dice in Matteo 6:30:” Ora se Dio veste in questa maniera l'erba dei campi che oggi è, e domani è gettata nel forno, non farà molto di più per voi, o gente di poca fede? “ l'augurio per noi é stato tramutato in FEDE, fede nella potenza di Dio.
Qui, Gesú parla della certezza dell'esser vestiti, e non già della ricchezza del vestiario, in guisa che la promessa si adempie anche in favore di quelli che sono vestiti rozzamente. L'espressione di poca fede, che Gesù usa in varie occasioni, applicandola ai suoi discepoli, è un dolce rimprovero diretto contro quello spirito d'incredulità che si trova spesso anche nei migliori cristiani. ed un incitamento a scacciarlo via dalla nostra vita.
Non siamo dunque ansiosi del domani o avere paura del domani, e quindi un augurio ci potrebbe far sentire piú sicuri, sempre in Matteo 6 al verso 34 leggiamo:”Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di sé stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno.”
Per finire il concetto, Leggiamo in Matteo13:22 quanto segue:” Quello che ha ricevuto il seme tra le spine è colui che ode la parola; poi gli impegni mondani e l'inganno delle ricchezze soffocano la parola che rimane infruttuosa” .L'innocenza delle occupazioni secolari è l'argomento del quale gioiscono gli uomini, per scusare l'eccessiva attenzione ch'essi danno loro; e così accade che la sollecitudine di questo secolo, l'inganno delle ricchezze, ed i piaceri di questa vita, silenziosamente ma sicuramente affogano la parola: e la rendono infruttuosa. È questo il termine triste a cui perviene chi prova a servire due padroni; egli disprezza Iddio, vero proprietario e padrone delle nostre persone e dei nostri affetti, consacrandosi ad un usurpatore che lo conduce alla distruzione. Eppure coloro che abbandonano Dio, abbandonano il proprio bene! Quanto chiaramente, infatti mettendole in contrasto colla cura ch'egli si prende della creazione irragionevole ed inanimata. il Salvatore dimostra le tenere sollecitudini che Jehova si prende dei propri figli! Il Signore mette a confronto quel che i pagani sono, con quello che il suo popolo dovrebbe essere. I pagani borbottano le loro preghiere, e non badano ad altro che alle cose di questo mondo. E se tale è il carattere dei pagani, quanti mai pagani vi sono nella Chiesa visibile! Quante pagane formalità nella loro divozione, e quanta mondanità viene a distruggere la spiritualità, la libertà, la gioia e la forza della loro vita cristiana! Non si dimentichi però che quello che il Signore qui condanna non è già che gli uomini attendano agli affari con tutta quella forza di pensiero che si vuole adoperare perché procedano bene; egli biasima solamente coloro che consacrano a quelli il tempo e l'attenzione che essi dovrebbero, dare esclusivamente alle cose del cielo; egli condanna quella ansietà soverchia di spirito che proviene dal diffidare di Dio, e che, senza far prosperare minimamente gli affari, corrode e consuma il cuore. Un tesoro di ammaestramenti aurei è contenuto in questo passo. Facciamone uso nella vita nostra giornaliera, mettendoli in pratica Vegliamo e preghiamo contro una disposizione ansiosa soverchia. Da questo dipende la nostra felicità. Le nostre sofferenze provengono in gran parte da mali che la immaginazione ci dipinge come pronti a piombare su noi, e che per lo più non succedono. Dove è allora la nostra fede? Dove la confidanza nelle parole del Salvatore? Leggendo questi versi e poi guardando al cuor nostro, abbiamo cagione di vergognarci. Eppure possiamo esser certi che sono vere queste parole di Davide: “Io sono stato giovane e sono anche divenuto vecchio, ma non ho veduto il giusto abbandonato, né la sua progenie accattare il pane.” Salmo 37:25. Il Signore ci benedica.

In fede G.Basile

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