Le lezioni della vita di Daniele per noi oggi
I caratteri dei testimoni di Dio — Attivi come stranieri
Vi
sono poche lezioni più utili di questa; non che la nostra
situazione sia identica alla loro; essi ubbidivano a
Dio come Giudei sotto la legge, mentre Cristo ci ha messi nella
libertà. Di fronte al mondo anche noi siamo stranieri,
però non perché la Chiesa è schiava come lo era il popolo giudeo;
non potrebbe esserlo in quanto è celeste, e il nostro diritto di
cittadinanza è nel cielo. Noi portiamo quaggiù il nome di un
Sovrano respinto dal mondo ma che, ben lontano da essere vinto, è un
vincitore glorificato nel cielo e che presto regnerà sulla
terra. Noi non abbiamo da appendere le nostre cetre ai salici
dei fiumi di Babilonia e da rifiutarci di cantare i canti di Sion su
una terra straniera (Salmo 137). Anzi, fin da quaggiù incomincia
l'inno che canteremo nel cielo!
È
pur vero che la nostra mancanza di fedeltà ha attirato il
giudizio sulla casa di Dio, su questa cristianità che ha profanato
il vero cristianesimo; ma le porte dell'ades non potranno vincere la
Chiesa del Signore.
È
anche vero che noi viviamo nel «tempo delle nazioni» (Luca 21:24)
che va da Nebucadnetsar fino al ritorno del Signore per prendere la
Chiesa, ma né la nostra speranza né la nostra condizione sono
quelle di un Israele schiavo. Cristo aspetta che i suoi nemici gli
siano sottomessi; verrà a prenderci e noi saremo manifestati
con Lui in gloria. Nel frattempo, Satana, benché vinto alla croce,
domina oggi nel mondo da usurpatore.
Tutto
ciò dà alla nostra posizione di stranieri dei caratteri
particolari. È come testimoni di Colui che Dio ha fatto «Signore e
Cristo» che noi siamo in un mondo votato al giudizio, di cui la
distruzione di Babilonia non e che una pallida immagine. Noi dobbiamo
sottometterci alle autorità stabilite da Dio e lavorare per il
bene e la pace, pregando per loro e per la conversione delle
anime.
Ma,
nonostante queste differenze, anche noi dobbiamo, per assolvere al
compito che Egli ci ha assegnato quaggiù, prendere la risoluzione,
come Daniele, di non contaminarci con le vivande del re e col
vino ch'egli beve. Sono le cose di questo mondo, che
portano il suggello del suo capo, Satana, che le dispensa. Rispondono
bene alle concupiscenze del cuore e nutrono «la carne».
Discernerle e respingerle sembra essere sempre più difficile,
man mano che lo spirito degli «ultimi giorni» guadagna terreno. Più
che mai, i nostri cuori devono essere conquistati dalle
affezioni celesti e le nostre coscienze essere delicate e sensibili.
E i doveri terreni?
Come
si comportano i giovani credenti che, simili a Daniele e ai suoi
amici, sono ai loro primi contatti personali col mondo? Devono pur
istruirsi per imparare un mestiere: non si può lasciare la mente
incolta né le mani senza educazione. Sarebbe farne degli incapaci,
incoraggiare il fatalismo, la superstizione. Quello che conta, però,
è che tutto sia ricevuto come proveniente da Dio, con
ringraziamento e in vista di servire Lui, qualunque sia il
lavoro che si dovrà fare. «E a tutti questi quattro giovani Iddio
dette conoscenza e intelligenza in tutta la letteratura, e sapienza»
(v. 17), mentre preparava Daniele alle rivelazioni dall'alto.
I
doveri terreni, siano essi famigliari, professionali o civici,
offrono sempre al credente l'occasione di onorare il suo Signore, se
sono assolti con Lui, per Lui, in preghiera e con
ringraziamento. Tutto ció che non può essere fatto in comunione col
Signore e dandogli il posto che gli spetta, è una «contaminazione».
Quanto più lo è tutto ciò che occupa una così larga parte della
vita di questo mondo, alla ricerca del piacere, della ricchezza, del
prestigio personale! Il nome di Dio può trovarsi abbinato a
queste cose, ma audacemente adoperato «invano»! Non è qui che il
credente pio ha il suo posto, né potrà mai trovarsi a suo agio,
anche se imbavagliava la sua coscienza.
«Noi
sappiamo che siam da Dio, e che tutto il mondo giace nel maligno» (1
Giov. 5:19).
La vita di Dio si manifesta con la rinuncia «all'empietà e alle mondane concupiscenze»
Per
avere un sano giudizio sulle cose abbiamo bisogno della Parola di
Dio, lampada al nostro piede, e della preghiera che ci mette in
relazione con Dio. Ma esse sono efficaci solo per mezzo dello Spirito
Santo, senza il quale si cade nella routine formalistica. Sarebbe
insensato costringere uno che non ha la vita di Dio ad astenersi
dalle cose del mondo; ma se la vita c'è, deve manifestarsi con la
rinuncia «all'empietà e alle mondane concupiscenze» (Tito 2:12).
Per
noi il problema non sta nel distinguere tra alimenti materiali (Col.
2:21-22, Rom. 14:14, 1 Cor. 10:25) perché non siamo sotto la
legge. Ma Cristo è morto «affinché il comandamento della
legge fosse adempiuto in noi, che camminiamo non secondo la carne ma
secondo lo Spirito» (Rom. 8:4). Quello che piace alla carne
contrista lo Spirito; ma il nutrimento spirituale, cioè Cristo
stesso, sprezzato dal «vecchio uomo», fa le delizie del «nuovo»;
esso dà salute all'anima del credente, mentre le vivande del re lo
ripugnano.
L'ipocrisia
del mondo ammette che vi siano dei piaceri che degradano, ma nello
stesso tempo propone piaceri grossolani, traendo profitto da
letteratura e spettacoli immorali. Ma, altre cose sono proposte
al credente; i sensi, l'immaginazione, i sentimenti, l'intelligenza,
sono sollecitati. L'arte, la scienza, la tecnica, il pensiero
politico, più che mezzi di evasione servono per piacere a sé stessi
e superare gli altri. Adulato ma volto verso le «vanità bugiarde»
il vecchio uomo crede di elevarsi, ma in realtà si innalza contro
Dio. Si sforza di coprire la sua nudità, e di stordirsi per non
pensare né alla sofferenza né alla morte né all'al di là ed
essere felice senza Dio. Le vivande del re sono offerte dallo stesso
tentatore che diceva: «Voi sarete come Dio»!
Trasformare il mondo?
Alcuni
si illudono di poter piegare poco a poco il mondo al pensiero di
Dio; non è compito nostro. Ci vorrà la verga di ferro del Pastore
delle nazioni per ottenere, almeno, una sottomissione apparente.
«Noi siamo di Cristo e Cristo è di Dio»: facciamone una realtà
pratica. Rifiutare le vivande del re è il segreto per essere il
sale della terra e la luce del mondo. La frontiera col mondo sarà
sempre «la croce del Signore nostro Gesù Cristo, mediante la
quale il mondo, per me, è stato crocifisso, e io sono stato
crocifisso per il mondo» (Gal. 6:14); essa è tracciata nel cuore
secondo il posto che Cristo vi occupa.
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